Dante nel Paradiso, vicinissimo al culmine del suo viaggio, alla visione di Dio, racconta come Nettuno tantissimo tempo prima si sia stupito dell’ombra d’Argo, la nave del mito che quasi volando a pelo d’acqua ha lambito il mare fino allora inviolato. Conserviamo ancora qualcosa di quello stupore, di quando le cose avvenivano per la prima volta?

Noi pensiamo di sì. Siamo infatti convinti che il mito, l’affascinante e inquieto racconto delle origini, sia il ponte che unisca gli uomini di ogni tempo.

Da qui è nata l’idea di far veleggiare a bordo della nave Argo le nostre prime del Liceo Classico, appena entrate in un mondo nuovo, verso altri fratelli minori, pure loro alle soglie di un inizio importante, quello della prima media presso l’istituto “Gentile” di Foligno. Li abbiamo provocati, fatti lavorare insieme, mettendo in campo le loro competenze e le nostre, per un lavoro di squadra inedito e stimolante, che ha mescolato giochi linguistici in greco antico, puzzle, immagini antiche e moderne, slide e racconti orali.

I nostri, guidati dall’impavido Giasone Guglielmo Tini e accolti ospitalmente dalla prof.ssa Antonella Rossiello e da altre sue colleghe della “Gentile”, hanno sperimentato per tre giorni la vita dei rapsodi antichi, incantando gli studenti di quattro loro prime con il racconto di un viaggio ai confini del mondo, nella Colchide lontana, alla caccia di un misterioso vello d’oro custodito da un drago insonne. Il tutto insieme agli Argonauti, una brigata bizzarra e irresistibile. Qualche esempio? Orfeo il cui canto vince quello delle Sirene; o i figli di Borea, ragazzi alati che mettono in fuga le terribili Arpie. Lo sfondo è un paesaggio mobilissimo e pieno di trappole, tra rupi che sfracellano le navi e tori sputanti fuoco. Fino all’incontro con una giovanissima maga, Medea, i cui incantesimi non proteggono dal più forte dei sortilegi, la freccia avvelenata di Eros.

Che cosa hanno insegnato i nostri studenti e i loro compagni della Gentile, a noi professori di qualche anno più vecchi (almeno anagraficamente)? Semplicemente questo: se si lavora insieme, e lo si fa con passione, qualcosa di nuovo, anzi di antico, torna a scorrerci nel sangue. E non sentiamo più l’affannoso ticchettio dell’orologio, ma soltanto il suono dell’acqua, appena increspata dal volo della prima nave.